Chi
sta su questo fronte della barricata, rispetto
a librai o bibliotecari, ovvero dalla parte di
chi i libri “li fa” invece che da quella
di chi “li fa leggere”, ha sempre il
problema del titolo. Come la vado a chiamare, la
mia opera?
Belli i tempi in cui bastava titolare Il Corsaro
Nero o Le Tigri di Mompracen per catturare i lettori. Oggi
bisognerebbe almeno aggiungere un elemento evocativo,
tipo “il sangue de…” o, se si potesse, “le
perversioni di…” per guadagnare un poco di
attenzione. Del medesimo, ovviamente, s’ha da fare
con le copertine: una tigre o un pirata con la benda
sull’occhio e un pappagallo sulla spalla e una
gamba di legno… appaiono inevitabilmente déjà vu,
vecchi, poco appetibili se alle loro spalle non c’è,
almeno, un’astronave. Naturalmente se noi, autori
per l’infanzia, potessimo esibire fanciulle seminude
o rosse macchie di sangue (perché scandalizzarsi?
Periodici seri come l’Espresso o Panorama aumentano
la tiratura – indipendentemente dai contenuti giornalistici
- quando hanno in copertina immagini erotiche o grandguignolesche)… ma
non sarebbe elegante. C’è chi tenta di impreziosire
l’opera con cover cartonate, dorate, a rilievo.
E qualche volta funziona, ma non sempre compensa i costi.
Chi arricchisce i contenuti con una grafica spettacolare
o pagine profumate. Chi esagera con i formati e le foliazioni.
La logica, ammettiamolo, è quella dei detersivi
o dei dentifrici: vendere prima il contenitore del contenuto.
Naturalmente da questo discorso dovrebbero essere esclusi
i titoli e gli autori noti… ma poiché i
titoli (escluso ovviamente Il Piccolo Principe) non sono
poi così “noti” e gli autori (incluso
Saint-Exupéry) men che meno. Al più potremmo
in parte stralciare la posizione dei personaggi ricorrenti… solo
in parte, però, perché anche loro devono
farsi notare, devono segnalare di essere presenti con
una novità nella collana, e allora rieccoci daccapo.
Tutto questo non vuole rappresentare la rituale lamentela
su come vanno i tempi, ma la banale constatazione che
l'”oggetto libro”, come tutti gli altri oggetti
di consumo, abbisogna di una confezione e di un logo,
non può pretendere di essere appetito solo per
il suo contenuto grafico e/o letterario.
A tutti i “grandi” – bibliotecari insegnanti
genitori - che cercano di stimolare il piacere della
lettura nei “piccoli” è certamente
capitato di sentire commenti del genere: “bello… non
me l’aspettavo…” o viceversa: “Bof… mi
aspettavo di meglio”. Orbene: quell’aspettativa
derivava, nella maggior parte dei casi, dal titolo e
dalla copertina.
Allora ecco la modesta proposta di turno: proviamo a
chiedere ai lettori soddisfatti della lettura ma insoddisfatti – a
posteriori – della copertina, di reinventarsi titolo
e illustrazione. Grafica dei caratteri compresa, perché spesso
da quella – anche da quella, che può dare
la sensazione di un testo troppo serio o troppo infantile,
buffo o serio, nuovo o déjà-vu – discende
la prima reazione emotiva.
Posso garantire a chi fosse interessato all’esperimento
che si tratta di un’esperienza gratificante quanto
impegnativa. Ai volonterosi consiglio una visita guidata
in una vera biblioteca (quella scolastica, purtroppo,
non sempre offre un vasto ventaglio di possibilità);
di reperire cataloghi editoriali diversi (facile: basta
richiederli agli editori e saranno felici di inviarveli);
di scaricarsi una panoramica di caratteri da Internet
(oppure richiederli a qualche tipografia amica); di visitare
qualche mostra di illustratori… ma forse chiedo
troppo. A proposito: non bisogna chiedere “troppo” neppure
ai giovani, aspiranti copertinisti… basta un’idea,
uno spunto, uno schizzo che renda l’idea – ci
si augura originale - del risultato finale. Gli art-
directors non fanno nulla di più, e spesso lo
fanno male. Io ne so qualcosa.